giovedì 9 giugno 2011

Il gabinetto, la ricchezza che tutti possiedono.

" Aveva fatto installare il water a sue spese con entusiasmo senza pari, noncurante dei dubbi del''idraulico circa la solidità e la portata delle travicelle (...) 
Il cav. Esposito non si era limitato ad installarvi il water ma ne aveva abbellito i muri personalmente con carta da parati, di un rosso brillante con arabeschi dorati (...) poi aveva steso per terra un tappetino di gomma a riquadri, aveva provveduto al rullo per la carta e a un vaso di porcellana contenente la scopetta delle pulizie"






La storia del nostro water comincia secoli fa, ai tempi dei Romani. A quel tempo, esistevano le latrine pubbliche, dei veri e propri buchi modellati nell'argilla o nelle pietra ma uguali per tutti, senza distinzioni di ceto sociale.
Passiamo al Medioevo, dove il degrado igenico fa venire la pelle d'oca: i bagni nemmeno esistevano e se a qualcuno "scappava", qualsiasi vicolo buio o stradina diventava il gabinetto, infatti, molte malattie si diffusero a causa di questa difficile situazione e molti abitanti morirono. Nelle grandi e sontuose corti dove il re e i suoi sudditi abitavano, i bagni erano dei buchi, sporchi e chiusi in stanzette strettissime, dove era difficile mouversi e l'odore era insopportabile.
Arriviamo a noi, negli anni trenta e quaranta, quando solo alcune persone possedevano il water, che oggi troviamo in tutte le case. Questi erano coloro che avevano un ceto medio-alto e quindi nemmeno i comuni cittadini possedevano un gabinetto proprio, ma usufruivano dello sgabuzzo comune che non garantiva niente di buono.  Un bagno con rubinetto, water e i vari accessori per la pulizia era di estrema rarità, tanto che alcune persone, nel nostro caso il cav. Esposito, si vantavano quasi di averne uno, considerandolo quasi come un tesoro di famiglia, qualcosa di assolutamente prezioso e intoccabile. Sembra una cosa strana e buffa ma era così: il gabinetto era considerato una ricchezza, anche se il suo valore in termini di lusso non è un granchè. Nemmeno io riesco a trovare una spiegazione a tutto ciò ma cosa ne pensate voi?

mercoledì 8 giugno 2011

C'è chi può, e chi non può..

"..Ma dentro quella porta diventava un altro. Di ora in ora un impulso nuovo metteva radici in lui: il martellar delle arterie del collo, quel sapore caldo come di sangue che gli saliva in bocca portando via tutta la freschezza della saliva, quelle ventate che gli avvampavano il viso trafuggendolo nei nervi, che gli facevano menar la gamba destra come un arrotino in un tremito senza tregua, in quello stato di debolezza estrema in cui si veniva a trovare di colpo, si accavallavano ad altre sensazioni ancora più inattese e a volte perfino imbarazzanti e scomode alle quali egli stesso non sapevain alcun modo porre rimedio."


Com'è noto a tutti i preti fanno voto di castità (ovvero astinenza dal sesso) e di celibato (ovvero non possono sposarsi). Detto questo dovrebbe essere sottinteso che abbiano fatto queste scelte essendone completamente consapevoli. In realtà c'è chi è destinato a questo stile di vita fin dall'infanzia e negli anni cerca di autoconvincersi di essere soddisfatto pienamente e di non avere nessun tipo di bisogno al riguardo. Con riferimento a questo argomento, ho riscontrato pareri diversi. Secondo alcuni la castità è troppo dura per resistere tanto tempo  senza 'sgarrare', e trovano comprensibile il fatto che debbano recupare tutto in una relazione 'clandestina'. Altri pareri (che personalmente trovo più credibili) dicono che il voto di castità sia un patto con Dio, un matrimonio. Il sacerdote è come un nuovo 'Dio' che cerca appunto di seguire il suo cammino rimanendo casto e facendo una serie di sacrifici. La trovo una cosa fattibile, ma solo per i preti che decidono di dedicarsi completamente alla Chiesa. E qui entra in scena Don Gastone, un prete affidatosi alla religione troppo in fretta, che a trent'anni com'è normale che sia si sente attratto soprattutto fisicamente dalle donne. Un'attrazione che aveva represso ma che ora non riesce a controllare e con Fedora nasce una morbosa relazione, quasi violenta.  Sicuramente tra le conseguenze della castità c'è la sensazione di tormento, e di colpevolizzazione talvolta per aver avuto certi pensieri. ci sono certi momento davvero duri, in cui uno deve lottare con sè stesso per trattenersi, in cui desidererebbe tanto tantissimo comportarsi come non dovrebbe neanche immaginare un prete. Ma la soluzione è sempre la stessa: se non ce la fai, è perchè non lo vuoi abbastanza.

A.V, 1es.
E vissero tutti felici e contenti?

"Tutto il rione aveva dimenticato don Gastone e la notizia di una malattia così disonorevole gli aveva strappato di dosso ogni fascino."
"E Cena, rifiuto di riformatorio, ladro e miserabile a dodici anni, abbandonò con essa le strade di questa terra."


Il finale di questa storia non è di certo la conclusione di una favola, assomiglia piuttosto ad una tragedia di Shakespeare e le ultime pagine hanno fatto perdere ogni speranza per chi spera sempre in un lieto fine. Questo finale, completamente diverso da quello del libro precedente ( Acciaio), non lascia spazio all' immaginazione, forse perchè tratto da una storia vera. Nessuno può immaginarne uno diverso da quello scritto: la morte di cena, quella futura di don Gastone, la condizione di solitudine in cui si ritrovano Fedora e Sergio. Senza dimenticare un nuovo figlio di N.N. (figlio di Fedora e don Gastone) orfano di padre ancora prima di nascere...
Prima della visione del film il libro era piaciuto alla maggior parte della classe ma in seguito è stato ancora più apprezzato perchè più dettagliato e capace di descrivere meglio le vicende avvenute. A me il libro è piaciuto molto anche se, essendo una sognatrice, avrei preferito un "...e vissero tutti felici e contenti", e certamente avrei cambiato la conclusione. Una fine triste è infatti più in linea con il resto della storia, che narra un un bambino che vive nella povertà, così come la maggior parte dei personaggi.

Il vostro finale come lo vorreste?

martedì 7 giugno 2011

La tbc: malattia mortale


“… Tornammo all’imbrunire e don Gastone era scosso da una tosse sempre più forte tanto che per la strada fu costretto a fermare la macchina più volte perché la tosse gli impediva di guidare. Quando arrivammo salì da Fedora e si distese sul letto. Sudava e aveva la febbre. Più tardi quando tornai lo trovai ch’era seduto sul letto, con una salvietta nelle mani. La salvietta era inzuppata di sangue e alcuni fazzoletti anch’essi sporchi di sangue erano sparsi attorno …”


La tubercolosi è una malattia infettiva causata da micobatteri chiamata anche bacillo di Koch. La sua causa principale è un batterio aerobi otico che si divide ogni 16-20 ore. La tbc attacca solitamente i polmoni ed un terzo della popolazione mondiale è infetta e nuove infezioni avvengono alla velocità di una per secondo. Ma non tutte le infezioni sviluppano la malattia completa , infezioni asintomatiche sono molto comuni;  nonostante questo una su dieci diventerà malattia attiva, che se non trattata uccide più di metà delle sue vittime. Come si trasmette? Quando una persona che soffre di tubercolosi polmonare attiva tossisce, starnutisce, parla o sputa, espelle goccioline di aerosol. Uno semplice starnuto può espellere oltre 400.000 di queste particelle ed ognuna di queste gocce può trasmettere la malattia; mentre in caso di tbc renale può trasmettersi attraverso le urine e può essere trasmessa anche sessualmente. Quando l’organismo viene a contatto con il batterio della tbc vengono prodotti anticorpi che tengono sotto controllo il bacillo evitando la manifestazione della malattia; in questo modo il batterio può rimanere inattivo per molti anni. Quali sono i sintomi della malattia? Nella maggior parte dei casi la malattia porta a tosse prolungata, catarro bianco-giallastro con segni di sanguinamento, perdita di peso, febbre, stanchezza persistente e sudorazione notturna.  La diffusione del batterio porta a formazione di noduli più o meno grandi nel tessuto polmonare. E le condizioni di trasmissione? Ovviamente la trasmissione non è facilissima, ma questa può essere facilitata da una presenza di una carica batterica elevata, da un ammalato non in terapia e da un ricambio d’aria assente o scarso. Quindi non è possibile  contrarre la malattia da un malato che tossisce in un luogo pubblico. Come posso scoprire se ho la tubercolosi? L’unico modo è eseguire il test cutaneo della tubercolina che consiste in piccoli aghi imbevuti di tubercolina applicata sulla parte interna dell’avambraccio.  La tbc è una malattia molto pericolosa che può portare anche alla morte, tuttavia con le terapie antitubercolari il 95% dei pazienti guarisce completamente dalla malattia.


L. Z.

UN NUOVO N.N.

“Fedora si decise un giorno a uscire di casa; non lo faceva da due mesi e così tutti si accorsero e poterono vedere e toccare che lei era incinta. Credo di essere stato l’unico a correrle incontro appena uscì in cortile.
-Hai una bella pancia!- dissi -Sei incinta?
[...] – Sì- disse.
-E’ stato don Gastone a metterti incinta?
-Sì- disse.
-E lui lo sa?
-Sì.
-E i preti lo sanno? …”

 

Un figlio N.N. , di genitori Non Noti, quindi nato senza nozze era uno scandalo per i tempi passati.
Uno scandalo che ha perseguitato Sergio e che avrà tormentato un altro bambino, il piccolo nato da Fedora e don Gastone.
Se solo faceva scalpore un figlio nato senza il vincolo del matrimonio pensate che turbamento morale potesse scaturire la nascita di un bambino figlio di un prete e una giovane bella donna che pratica il lavoro più antico del mondo.
Lui, prete giovane e bello, oggetto di desiderio di tante signorine ancora zitelle, con lei, giovane donna che vanta rapporti con ogni ufficiale vicentino e non solo.
Una relazione difficile, complicata e strana.
E nonostante tutto un figlio nascerà da loro.
Un figlio innocente ma visto dagli altri come una macchia di peccato, con la scritta N.N. portata sulla fronte, attaccata dietro la schiena, scritta sugli occhi, apparentemente invisibile ma allo stesso tempo leggibile da tutti. Ma secondo voi si potrà sorvolare?
Le signorine ameranno don Gastone così tanto da accettare una possibile proposta di trascurare questo fatto? O si sentiranno rifiutate e talmente ferite da ingigantire lo scandalo?
E quindi don Gastone si toglierà la veste di sacerdote per vivere una vita normale con Fedora e il bambino o farà finta di niente e cambierà città per dirigere una nuova chiesa?
A voi le risposte per un nuovo possibile finale.

E. C.



L'uomo italo-fascista



L’Italia ‘on Gastò,chiustu paese d’uommene cu’ i c…! Vuie m’avite ditto..



Il cavalier Esposito è un personaggio significativo del libro, sia per la posizione che prende, che per quello che rappresenta.
All’inizio del libro si capisce subito che è il tipico uomo degl’anni ’30 , napoletano, che crede negli ideali della retorica fascista, orgoglioso e fiero di essere italiano, e che vede in Mussolini il salvatore della patria.
Questo suo modo di concepire la vita politica del momento è rappresentato dalla sua vecchia divisa,ormai tutta consumata, ma che per lui significa far vedere di essere un italiano vero.
Il fatto che tenesse le figlie chiuse in casa mostra la sua mentalità meridionale tipica di quegli anni; in più è orgoglioso e geloso del suo sgabuzzino adibito a bagno perché questo lo fa sentire più moderno e benestante.
Con la sua mentalità maschilista, tipica del fascismo, il cav. Esposito ammira in Don Gastone proprio quello che dovrebbe disapprovare, attribuendogli degli atti impuri che ancora Don Gastone non ha compiuto, e anche per il fatto che tutte le zitelle lo ammiravano e se lo contendevano, questo segno che era, nella mentalità del cavaliere, un vero Uomo. Infatti rimane molto deluso quando Don Gastone smentisce le sue convinzioni, cioè ribadisce la sua innocenza.
Quella virtù che il cav. Esposito esige dalle figlie, che virtuose non sono affatto,nemmeno lui la possiede, dato che all’arrivo di Fedora,tutta la sua dignità si sbriciola, e questo è rappresentato dal crollo del suo prezioso bagno.
La venerazione nei confronti di Don Gastone si trasforma in odio, gelosia e invidia, quando realizza che Fedora ama,contraccambiata, il prete. Il punto è che il povero cav. Esposito sognava Fedora, e la desiderava , ed era sconvolto e innamorato dalla sua sensualità. Egli si sarebbe accontentato di uno sguardo, o di una piccola carezza, ma anche in questo resta deluso, e ne esce distrutto.
Questo personaggio, a mio parere, è negativo: pieno di superbia, sprezzante verso chi lo circonda, con una mentalità retrograda e maschilista al massimo, servo del potere, debole coi forti e forte coi deboli.
E’ proprio un italiano dell’epoca: meschino, arido e falso persino con sé stesso.
Evidentemente la società fascista produceva questi personaggi spregevoli e l’Autore, attraverso il cav. Esposito, riesce molto bene a dimostrarcelo.


L. E.

lunedì 6 giugno 2011

IL "FATTACCIO" DI CENA





" Poi vidi Cena lasciarsi andare leggermente proprio alle sue spalle e mentre la guardia sparava ancora una volta, Cena gli saltò addosso colpendolo nella schiena col coltello: era tutto appuntito come se insieme alla lama anche lui avesse voluto penetrare nella schiena della guardia. Piangeva e singhiozzava e quando la guardia si volse, atterrita dicendo "Noh!" lui con gli occhi spalancati e brillanti era già pronto e di nuovo ficcò il coltello nel ventre della guardia singhiozzando:"Mamma mia, mamma!"



Agire d'impulso a volte può essere utile, altre, invece, può rovinare delle vite.
Prendiamo come esempio Cena, un bambino diverso da tutti gli altri, un bambino che vive nella miseria, che fa di tutto  per poter avere anche solo un pasto al giorno, perfino rubare o commettere furti. Infatti è proprio così che, una notte, commette un errore che si porterà appresso per sempre: uccide un uomo, una guardia.
Un  omicidio, commesso da un minorenne soprattutto, è un reato che non si dimentica molto facilmente, un peso che, poco a poco, finisce per rovinare anche la vita di chi l'ha compiuto.
Cena, in una situazione complicata, ha agito d'impulso. Era troppo tardi per scappare e perciò ha fatto la prima cosa che gli è venuta in mente, con un coltello in mano.
Tutto questo per dire che è facile agire senza prima pensarci sopra ma è difficle poi porre rimedio agli eventuali danni.
Anch'io alcune volte compio azioni che avrei potuto evitare se solo avessi pensato prima di farle. Senza andare sul complicato come un omicidio, basti pensare anche solo a quanti litigi con i genitori, con gli amici, errori in ambito sentimentale e lavorativo, si sarebbero potuti evitare.
Quante volte si pensa "Oddio, se ci avessi pensato prima non sarebbe successo!"
Ci sono diversi tipi di errori, da quelli più piccoli a quelli irrimediabili ma questi ultimi possono rovinare, oltre che la vita degli altri, anche la propria! Per questo io sono del parere che sia meglio pensare prima di agire, anche se, lo so, a volte è veramente difficile!
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con me?

F. R. 1Es

LA PERDITA DI UNA PERSONA CARA

“E io non me la levo, non me la levo e non me la levo! Oh! Se è sporca e rotta vuol dire che lavoro per il fascismo e il Duce. E allora che ne dite voi delle bandiere del Risorgimento? Son brutte e vecchie, tutte stracciate. Son forse disonorevoli? E rifiutava il grembiule minacciando di andarsene”






Per noi uomini la morte significa abbandono e distacco da una persona che amiamo e tutto questo ci provoca dolore e sofferenza. Per chiunque è difficile superare la perdita di una persona cara, ma non dobbiamo rimpiangere tutta la vita qualcuno che non ci sta più vicino, al contrario dobbiamo cercare di superare il dolore, portando con sé i ricordi felici e positivi dei momenti passati insieme.
Nel libro ci è stato presentato il personaggio del cav. Esposito che, a mio parere copre le vesti di una persona abbastanza strana, infatti in certe occasioni è riservato e chiuso, mentre altre volte rappresenta l’ eccesso.
Tiene dentro di sé tutti i propri sentimenti e le proprie emozioni, fino a scoppiare, arrivando così
all’ esagerazione, di conseguenza trascurando le cose più importanti e concentrandosi solamente su quelle futili e senza alcun senso.
Il cav. Esposito non esprime le proprie emozioni parlandone con le figlie, anzi, al contrario le tiene chiuse sotto chiave in casa, sottovalutandole e trattandole come degli animali, perciò cerca di superare il lutto arrampicandosi sugli specchi. Ad un certo punto inizia a dedicarsi al fascismo, diventando un fanatico del Duce, dimenticandosi delle figlie e delle cose davvero importanti della vita.
Dopo la morte della moglie gli sono rimaste solo le cose materiali e superficiali perché non ha saputo conservare gli affetti e tenere unita la famiglia.
Credo che nella vita le cose materiali non rendano veramente contente le persone perché penso che la felicità sia avere una famiglia che ci ama e ci vuole bene e ci sta vicino e ci aiuta nei momenti di bisogno.
E voi cosa ne pensate?

G. V. 1Es

venerdì 3 giugno 2011

TRA ACCIDENTI E FIGURE SQUALLIDE!




Uno scroscio di calcinacci e di tavelle piovve giù dal gabinetto e rovinò nel cortile.Un altro scroscio di calcinacci scese dall'alto finché il pavimento del gabinetto si spezzò,crollando sotto il peso del water.Il cav. Esposito restò miracolosamente appeso alle putrelle di ferro che sostenevano lo sgabuzzo,nudo dalla cintola in giù,e i calzoni neri da cavallerizzo pendevano aggrovigliati nelle bretelle e nel cinturone.

Il tanto atteso Duce sta arrivando a Vicenza e il cav. Esposito corre nel suo gabinetto a mettersi elegante,ma proprio in quel momento succede un disastro.Il pavimento gli si spezza sotto i piedi e rimane sospeso in aria come un babbeo,con i calzoni che gli scivolano giù e con la dignità che la può guardare svolazzarsene via.Questo sotto gli occhi di tutti che gli gridano contro ogni tipo d'offesa:sporcaccione,delinquente persino assassino perché i calcinacci hanno investito dei poveri malcapitati.Il cav. Esposito non ha certo rotto di proposito il suo gabinetto dal momento che ne è estremamente geloso e dato anche che era impegnato a prepararsi per l'arrivo di Mussolini.D'altronde gli accidenti hanno sempre un tempismo perfetto a capitare nel momento più sbagliato e se ne fregano dei nostri interessi..
Mi ricordo che un sabato di un po' di anni fa dovevo andare ad un concerto,ero elettrizzata perché era il primo della mia vita.Quella sera ”venne giù” il diluvio universale:pioggia,lampi,grandine.Il concerto era all'aperto e i vari impianti elettrici si erano rovinati;dopo circa un'ora che aspettavamo inutilmente,sotto la pioggia,bagnati fradici come degli stracci per lavare per terra,gli organizzatori si degnarono di comunicarci che il concerto era annullato.Insomma,una sfiga che neanche se vai a cercarla non la trovi!Comunque quella sera alla faccia del cantante che avrebbe dovuto esibirsi,io e mia mamma andammo a prenderci una bella pizza maxi e ci divertimmo lo stesso a raccontare tutto quello che era successo a mio papà e a mio fratello.
Ma questa esperienza non è niente se penso ad altri accidenti,quelli dove ci si svergogna da soli e si fanno certe figure imbarazzanti per le quali ci si vorrebbe sotterrare,un po' come ciò che è successo al Cav. Esposito,che si ricorda per un bel pezzo..avete presente,no?

E.R.

lunedì 30 maggio 2011

RIFORMATORI: GABBIE O POSSIBILITA' DI RISCATTO?

“…Finalmente ebbi notizie di Cena: era sempre a Venezia. La vita in riformatorio non era più così semplice come nei primi giorni. Erano più le settimane che lo chiudevano in cella che quelle in cui stava in cortile come gli altri ragazzi […] Il riformatorio era un vecchio ed enorme edificio a due piani costruito con grossi blocchi di pietra. La facciata dava direttamente sull’acqua e con la gondola imboccammo una specie di volta scura in cui il mare entrava stipando verso il fondo una marea di rifiuti. Traversammo un cortile interno nel quale guardavano alte finestre protette da sbarre e reti metalliche…”

Il Riformatorio giudiziario era riservato ai ragazzi colpevoli di reato ma non imputabili perché minori di 14 anni e perciò sottoposti a misura di sicurezza. La finalità principale del trattamento di rieducazione attuato negli istituti era suscitare nei ragazzi il senso della responsabilità di quanto commesso e la consapevolezza dei propri doveri verso la società. La scuola, il lavoro e l'istruzione religiosa erano considerati i metodi rieducativi più idonei per lo sviluppo della loro personalità fisica, psichica e morale. Avevano una grande importanza le attività ricreative che prevedevano il coinvolgimento dei ragazzi in eventi giocosi e sportivi. Nel processo rieducativo era parte integrante anche la pulizia personale, la nutrizione e il riposo. La religione era considerata uno dei più importanti mezzi di educazione morale e ogni istituto disponeva di una cappella per la celebrazione della messa e delle altre funzioni. Alla sera, prima di andare a letto e a volte anche a mensa, i ragazzi recitavano preghiere. L'istruzione scolastica aveva lo scopo di rendere il ragazzo consapevole dell'errore commesso. Molti rinchiusi erano analfabeti o semianalfabeti e per loro l'istruzione elementare era obbligatoria. Il lavoro era riconosciuto come mezzo rieducativo di primaria importanza e tutti gli allievi che non frequentavano la scuola dovevano parteciparvi. Era distinto in lavoro agricolo o lavoro industriale. L'addestramento dei minorenni veniva suddiviso in corsi che comprendevano: corsi per fabbri meccanici, corsi per falegnami, corsi per calzolai, corsi per intagliatori in legno, corsi per sarti e corsi di agraria. Nelle case di rieducazione femminili l'istruzione professionale era rivolta essenzialmente all'insegnamento dei lavori "da donna", sartoria, ricamo, cucito, stireria, maglieria. Oggi i riformatori non esistono più ma ci sono 19 Istituti di pena per minori frequentati sia da italiani che da stranieri. Per gli stranieri “la detenzione rimane ancora lo strumento privilegiato di controllo e di sanzione”, mentre gli italiani riescono a evitare la prigione grazie a prescrizioni, permanenza in casa o in comunità. In conclusione penso che non dovrebbero esistere strutture chiuse per i giovani e bisognerebbe trovare sempre e comunque alternative alla prigione, qualsiasi reato abbiano commesso.

Voi cosa ne pensate?         

C. A.                            

venerdì 27 maggio 2011

La castità dei preti, scelta possibile o contro natura?!

Dicevano che Don Gastone era ammalato, che bisognava curarlo, e che, tutto sommato, era da amare ancor di più per quella sua grande ed invisibile disgrazia, perché forse, proprio per questo ne aveva bisogno, di amore. Una disgrazia atroce, meglio gobbi piuttosto! Lui invece era bello, dritto, anche troppo, e il destino beffardo aveva segnato quel corpo di una così amara mancanza. 
"No, no, altro che amarlo, non è mica colpa nostra! Bella castità! Bella bravura! Son buoni tutti! Non soffre le pene e le tentazioni di Sant'Antonio, lui!" disse Camilla con la sua consueta cattiveria.



Su questo argomento si potrebbero scrivere pagine e pagine ma realmente la castità dei preti è una scelta possibile o contro natura?! A riguardo ci sono molti pareri discordi. C'è chi ritiene la castità sia una scelta possibile e quindi la approva, credendo che i sacerdoti debbano dedicarsi solo ed esclusivamente al bene della Chiesa e della comunità, senza poter avere una vita familiare e/o sessuale. Altri, invece, trovano che la castità sia contro natura e, di conseguenza, sarebbero a favore dei matrimoni e dei rapporti sessuali anche per i preti; essi, infatti, si basano sul paragone con i pastori protestanti e confermano la loro idea dicendo che la religione protestante "funziona" benissimo, anche se i cosiddetti pastori sono sposati o hanno una vita sentimentale. Dunque, secondo questi ultimi, pure i sacerdoti cattolici dovrebbero godere del diritto di avere una vita privata al di fuori di quella religiosa.
Ma cosa porta un normale laico a decidere fra fede e istinto umano?! Beh sicuramente coloro che ricevono la vocazione scelgono la strada della fede, offrendosi totalmente a Dio; nemmeno per questi ultimi, però, deve essere facile seguire in maniera ligia la castità ma, anche se difficile, ritengo che, per loro, sia una scelta possibile, se ci credono davvero! Penso, infatti, che essi riescano a controllare le loro tentazioni e i loro istinti perché talmente devoti alla loro fede da non volerla tradire. 
Per quei preti, invece, che decidono di seguire la strada del sacerdozio senza sentirsi chiamati da Dio, la castità è, a mio parere, sicuramente una scelta più difficile e contro natura rispetto alla castità che sono tenuti a seguire i "veri" sacerdoti.
E voi cosa ne pensate? La castità è una scelta possibile o contro natura?
A voi la risposta!

A. B.

mercoledì 25 maggio 2011

EHI CIAO, SONO QUELLO NUOVO!

“Venne ad abitare da noi Fedora , la nipote della vedova del fotografo.
La primavera era rigogliosa, e anche Fedora lo era. Aveva ventidue anni, a sedici era uscita dal convento delle Addolorate per andare a servizio. Era primavera, le mantelline e le calze di lana e gli zoccoli erano stati buttati via e Fedora girava in abiti estivi perché aveva sempre caldo.
In tutto il rione non c’era persona che non la invidiasse o dicesse male di lei. E Cena diceva che se tutta l’invidia si fosse tramutata in scabbia il rione non avrebbe dovuto far altro che grattarsi durante il giorno.”



Avete mai provato l’emozione d’essere i “nuovi arrivati” in città? O in una classe, in un quartiere,..
Di sicuro la prima cosa che avrete notato è che tutti non facevano altro che parlare di voi, spettegolare, dare giudizi basandosi solo sull'apparenza, di mettere in giro voci false sul vostro conto e di escludervi dal gruppo.
Tipico atteggiamento nei confronti delle persone che arrivano in un posto nuovo a causa di un trasloco, o di un nuovo lavoro..
Persone che hanno bisogno di tutto fuorché pettegolezzi e altri problemi.
Un “nuovo arrivato” ha bisogno d’aiuto per ambientarsi, di sorrisi gentili e cordiali che lo facciano sentire a casa e di persone che lo accettino così com’è, anche se può essere diverso da noi.
Immaginate la scena: -una classe di studenti, tutti che si conoscono da tanto tempo e tutti amici, quando un giorno arriva un ragazzo nuovo, di un altro paese o di un’altra città. Gli insegnanti lo inseriscono nella classe sperando che i compagni l’aiutino ad ambientarsi, e invece no. La tipica cosa che si tende a fare con i nuovi compagni è escluderli, isolarli, lasciarli da parte, fargli capire che non sono benaccetti.-
Questo non capita sempre e non tutte le persone si comportano alla stessa maniera, ma è risaputo che la vita del “nuovo arrivato” non sia molto facile.
Allora scatta un istinto di autodifesa che fa in modo che le “vittime” dei pettegolezzi cambino completamente il loro aspetto, il loro carattere e il loro modo di essere solo per piacere agli altri.
Ovviamente una persona bella, beneducata e che si veste bene lascia un’impressione migliore sugli altri.
Nel caso del libro “il prete bello” l’arrivo di Fedora non è ben visto da tutti..Fedora era una ragazza giovane e bella, che tutti volevano conoscere e avere come amica. Tutti tranne le “signorine”, invidiose della sua bellezza e dei suoi rapporti con le altre persone, e soprattutto con don Gastone.
Secondo voi è giusto che una persona debba cambiare sé stessa per piacere agli altri e venire accettata? È giusto che la nostra società sia ricoperta di pregiudizi e  apparenze?

S. S.1E



domenica 22 maggio 2011

BOTANICA:MAGIA O MEDICINA?!


 
La Botanica era una signorina di circa quarant’anni, dall’aspetto consunto ma ancora sostenuto…era tutta apparenza naturalmente perché anche lei,come gli altri,viveva in una stanzetta a piano terreno infestata dagli scarafaggi e stillante umidità come una grotta.”

Uno dei personaggi descritti da Parise è la Botanica. A dire il vero, sembrerà un po’ strano questo nome abbastanza inusuale: infatti è il soprannome di questa signora, un po’ maga e un po’ erborista. Il soprannome deriva dalla grande quantità di piante officinali che la Botanica conserva in casa e che trasforma in una serra dove abitualmente c’è una temperatura elevata a causa del calore delle piante. Anch’essa, come Camilla, era una zitella, che abitava nel caseggiato dove si svolge la storia. All’epoca del libro, vale a dire gli anni trenta, la botanica più che una scienza era un’arte. Infatti questa signora raccoglieva piante per combattere e curare alcune malattie. A quei tempi i medicinali erano molto costosi e solo le persone più agiate potevano permetterseli, quindi gli abitanti meno ricchi richiedevano le cure di queste maghe, erboriste che, con le loro piante dai poteri curativi, guarivano i lori pazienti. Si può dire che queste signore fossero come “medici a basso costo”.Gli effetti delle piante però non erano garantiti perché potevano alleviare temporaneamente i dolori della malattia, ma in molti casi non si combatteva del tutto la malattia.Una cosa che giocava a sfavore di questo mestiere era la carenza di piante curative. Infatti non era possibile trovare in natura ogni pianta per ogni male; per cui alcune malattie, senza le giuste medicine, erano incurabili con le erbe. Voi vi fareste curare da una maga erborista o pensate che sia un mestiere strano e pericoloso??A voi la risposta.
                                                                                                          
R. E.