mercoledì 27 aprile 2011

Bicycle, Bicycle, Bicycle!

"Caro,ti faro un regalo. Indovina!” […]“Una bicicletta!”
Sentii il labbro inferiore che tremava, poi lo sentii sporgersi ed ecco, infine, un gran bruciore agli occhi.[…]
“Una bicicletta?” balbettai. “Proprio una bicicletta!”. “Legnano? Me ne intendo io, di biciclette”. “Quella che vuoi”. “Da corsa?”. “Ti piace da corsa?”.
Ebbi solo il tempo di dire “Sì” quasi cantando poi le lacrime sgorgarono senza che me ne accorgessi.                (Pag. 132)


Un vero e proprio inno alla bicicletta: il mezzo di trasporto più economico del mondo, il velocipede che appassiona grandi e piccoli.
 Ormai nelle grandi città il numero di pendolari che comincia a farne uso per i tragitti casa-ufficio è sempre più in aumento e i benefici che ne comporta sono i più vari. La bicicletta nei percorsi urbani porta rispetto ai veicoli a motore costi minori ; occupa meno spazio sia quando è in movimento sia quando è in sosta; è di gran lunga più manovrabile degli altri mezzi.
Ora è la soluzione migliore per chi cerca un mezzo ecologico e divertente e per chi voglia restare in forma macinando strada.
Ma com’era vista la bicicletta negli anni passati?
Qualsiasi persona anziana a cui facciate questa domanda vi risponderà : “Era il nostro sogno!”
Il vento tra i capelli, la potenzialità di poter fuggire chissà dove, senza nessun costo e con il solo consumo delle proprie energie fisiche. Sei solo tu e la tua bicicletta.
Chi ne possedeva una poteva sentirsi invincibile, poteva viaggiare in lungo e in largo, si sentiva LIBERO.
L’unico mezzo su cui si poteva fare affidamento era lei. Dai dottori per le visite al prete per gli incontri con le fedelissime: il nostro libro lo dimostra, nessuno poteva farne a meno. Quando arrivò il turno di Sergio, il quartiere  “non motorizzato” assistette invidioso alla scelta del “puledro”. Da parte del bambino sgorgarono le lacrime per la commozione e per la prospettiva di come sarebbe cambiata la sua vita grazie alla sua nuova bici.
 Io ho una bicicletta da corsa. Diciamo una bicicletta estiva. La uso soprattutto d’estate quando, con mio padre, percorriamo chilometri circondati da lagune e spiagge. Non ho mai amato fare i soliti tragitti con la bicicletta comune, ma da quando ho provato la bici da corsa ho sperimentato il piacere di fare esercizio fisico sulle due ruote stando in compagnia e divertendosi con poco. Questa è una delle canzoni che ascolto mentre pedalo e che mi dà la carica.
Bicycle Race - Queen         

T.C.

Di mia proprietà

«Maliziosa era Pinuccia, già grandicella, una signorinetta: anche lei guardava don Gastone e sotto il portico, al momento di dargli la mano, era diventata di fuoco e si era messa a smaniare. La povera Pinuccia era sempre rinchiusa a causa dell’età da marito e don Gastone era uno dei pochi uomini che le era capitato di vedere così da vicino, così il cav. Esposito aveva dovuto tirarsela in disparte: “Oè! Oè! Scostumata, chi ti ha insegnato a guardare in quel modo i sacerdoti? Svergognata!” e poi a strattoni, a pizzicotti, dandole una manata sulla testa: “Guarda per terra, và, che è meglio, beh!”»


Due giovani fidanzati sono seduti su una panchina di un parco e, d’un tratto, lui le sussurra dolcemente all’orecchio: “Sei mia!”, lei si gira e ricambia la dichiarazione con un bacio da manuale.
Sembra una delle tante scene che si vedono nelle commedie romantiche, quelle che quando escono sui grandi schermi,le sale si riempiono di coppiette che vogliono vedere se davvero quello che raccontano i grandi attori è quello che vivono loro nella loro vita quotidiana o soltanto una menzogna inventata per vendere.
Nel XX secolo è normale pensare che sia uno dei tanti modi per far capire quanto bene si voglia ad una persona e quanto la si voglia avere accanto, ma fino a qualche decennio fa’ le cose non andavano proprio così. Esistevano delle vere e proprie regole di comportamento, una sorta di galateo ecco, che le future spose dovevano conoscere alla perfezione, in modo da non deludere i loro “cari maritini”. Potevano essere viste come delle schiave, sotto un certo aspetto, prima di possesso del padre e poi del marito, non erano mai delle donne libere del tutto. I matrimoni diventavano solo dei mezzi per ottenere un qualcosa, una pace, un titolo nobiliare o, nel medioevo, per evitare di frammentare un impero in più parti, non erano più contratti d’amore ma di interesse.
Non era raro vedere un giovane presentarsi a casa della fanciulla scelta dalla famiglia per il “grande passo”, portando con sé doni di ogni genere, al fine di facilitare l’approvazione del futuro suocero.
E se anche dopo il matrimonio, l’amore non arrivava? Infondo gli sposi erano dei perfetti sconosciuti costretti a vivere sotto uno stesso tetto ed all’epoca non esisteva certo il concetto di divorzio; se non si amava più l’altro/a l’unica possibile soluzione era un’amante (anche se la storia conosce mille casi di uccisioni di amanti e amati). Forse era un rischio che ci si poteva permettere di correre per poter cercare di essere felici.
Mentre ora tutto questo ha smesso di succedere nel nostro paese, ci sono ancora molte realtà al mondo in cui queste realtà situazioni sono vive e presenti, come  in Afganistan, dove la donna deve rispettare delle regole ferree per non rischiare di venire lapidata  o uccisa in altri modi (alcuni esempi di divieti? L’uso di cosmetici è vietato e alle donne con smalto sono state tagliate le dita; ridere ad alta voce non è permesso perché non si deve sentire la voce di una donna, né tantomeno si possono portare i tacchi perché fanno rumore e l’uomo non deve sentire i passi di una donna).
Cosa ne pensate? Meglio possedere a uomo pur non amandolo per non perdere le tradizioni e non deludere la famiglia o sposare un uomo che si ama ma non ben visto della famiglia?

A. B.

venerdì 15 aprile 2011

I FRAINTENDIMENTI... CHE CONFUSIONE!!!

<< "Don Gastone mio!" fece la Contessa che gli si era gettata adosso, gli aveva afferrato la testa con una mano abbraciandosi con l'altra ai fianchi, a tentoni, cercò di baciarlo. Lui mugolò, ma di protesta, un istante dopo Don Gastone l'aveva già respinta.>>
Su questo argomento si potrebbe arrivare a scrivere veri e propri papiri.
I fraintendimenti sono all'ordine del giorno e variano dai più normali ai più bizzari, non solo tra le pagine del libro che stiamo leggendo, a causa di tutte le avventure del famigerato Don Gastone, ma anche nelle nostre vite. Essi possono avvenire in ambito lavorativo, scolastico, famigliare e addirittura sentimentale che, forse alla nostra età, é quello che occupa maggiore spazio!
Insomma a chi non é mai capitato di fraintendersi con qualcuno, adesso ve ne racconterò uno che ho vissuto in prima persona.
Mi ricordo che una volta tornando a casa da scuola ero in macchina con mio papà e mi sono improvvisamente messa a parlare di un ballerino spagnolo di nome Cristo, diventato famoso grazie a un talent show, dicendogli che aveva 15 fratelli, e intanto mio papà continuava ad annuire senza però realmente capire.
Quando siamo arrivati a casa ha subito chiesto a mia mamma: "Flavia, ma Cristo non aveva mica 12 apostoli? Perché tua figlia mi ha appena detto che aveva 15 fratelle!"  e a quel punto io gli ho detto: " Papà guarda che io stavo parlando di Cristo il ballerino, non Di quel Cristo!".
Alla fine mio papà si é tolto il dubbio che lo "assaliva" e ci siamo fatti tutti una bella risata.
Ancora oggi ripensandoci mi rendo conto di quanto possa essere facile il fraintendimento tra due persone.
E voi... avete mai vissuto dei fraintendimenti in prima persona?
A voi le risposte!

G. B.

Vietato buttare

"Poteva avere una sessantina d'anni, era piccolo e tondo, vestito molto decorasamente, anzi potrei dire con eleganza perchè non gli mancavano mai il suo capello di feltro o di paglia e seta, ben spazzolato, le scarpe lucide, e il vestito era tenuto con ordine. Quel vestito gli durò molto tempo, e forse ancora adesso dura, anche nel luogo dove si trova; ogni volta che i carabienieri venivano a prenderlo aveva cura di lasciarlo in consegna ai parenti ed di indossarne un altro, quello stesso col quale era uscito di prigione."


Un libro, una felpa, un paio di scarpe.. Ora tutto è dovuto, tutti devono avere tutto!
Ormai sono poche le persone che ricordano o hanno vissuto in prima persona il vero significato della parola "povertà".
Calzolaio, sartoria, non esistono più, anzi, stanno morendo un po' alla volta, soppressi dai centri commerciali, dalle multinazionali e tutti i sotterfugi che ci stanno dietro.
Non sono qui per aprire un dibattito sulle catene internazionali di prodotti di un qualsiasi tipo ma per farvi ripensare che metodo si adottava un tempo, non molti anni fa', al posto di comprare sempre oggetti nuovi.
La seconda mano, il riutilizzo, vi dice niente? Vestiti che passano da fratello a sorella, da nonno a figlio, a volte con valore simbolico, esempio l'anello di fidanzamento che un giovane regala alla sua futura compagna di vita. Oggetti che, fino a quando non raggiungono la rottura, vengono passati di generazione in generazione, un po' come le tradizioni, senza mai passare di moda.
Quest'ultimo fatto è accaduto perchè nel secolo scorso la moda importava veramente a pochissimi esseri umani e addirittura negli anni in cui è ambientato il nostro libro,"Il Prete Bello", a nessuno, grande o piccolo, faceva la differenza. L'unico loro pensiero era stare al caldo o comunque il solo sapere di "possedere" qualche cosa.
In ogni caso pure io ho adottato questo sistema, ho acquisito e a mia volta passato scarpe, libri, abbigliamento, anche se spesso capitava di ribellarsi all'indossare cose già usate più volte da altri.
Ma alla fine, che differenza fa?


A. B.

mercoledì 13 aprile 2011

IL RAGIONIERE, LADRO "GENTILUOMO"

Avevamo modellato delle statuine di mollica di pane con l'aiuto del Ragioniere: questi era uno zio di Cena reduce dalle carceri nelle quali trascorreva parecchi mesi della sua vita, in seguito a ogni sorta di furti; non grandi furti, solo piccoli e modesti borseggi che servivano a tener allegra la brigata dei parenti per qualche settimana.”

Il Ragioniere, lo zio di Cena, un ometto piccolo e tondo con un'innata eleganza, un ladro ma allo stesso tempo un uomo molto amato dai suoi familiari e dalla gente che, nonostante lo veda partire spesso ammanettato tra due carabinieri, lo rispetta. Quest' uomo mi fa tornare alla mente le avventure del “ladro gentiluomo” che da piccola guardavo alla TV con passione Arsenio Lupin, un truffatore con il cuore tenero che, però, a differenza del Ragioniere conduce una vita splendida mentre quest'ultimo è una persona semplice e vive in un contesto di povertà. E' difficile capire come un uomo dal carattere buono come lui possa dedicarsi ad attività illecite. Il Ragioniere non è ambizioso e di conseguenza non ha l'incombente necessità di rubare per i soldi. Una delle ipotesi che mi è venuta in mente è che lui rubi come hobby e che in qualche modo provi gusto a passare del tempo in carcere. Come seconda possibilità potrei pensare che per lui sia diventata una mania, una specie di ossessione. Comunque sia questo personaggio non ha mai fatto male a nessuno e come dice lo scrittore per questo tipo di persona non si sono mai verificati crolli in borsa, ne famiglie sono cadute in rovina. Lui lo descrive come un personaggio positivo della storia, che si distingue dagli altri ladri perchè conserva una dignità di pensiero e di comportamento. Anche nel mio paese esiste una persona di mezza età, ugualmente carismatica che conosco fin da bambina. Con lui è meglio non fare affari, compra e vende di tutto, qualsiasi cosa gli si chieda riesce a procurarla velocemente. Naturalmente guadagna più del consentito nei suoi affari. Per tutto questo gli hanno affibbiato il nome “El Tramacion”. Queste due persone mi stanno molto simpatiche ma secondo voi non restano pur sempre dei ladri?

A. R.

mercoledì 6 aprile 2011

BAMBINI POVERI DI IERI E DI OGGI.

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«… Ma ancora, nuovamente, alla loro fame senza parole, malandata, alla fame di Liliana e degli altri rachitici della naia, alla loro fame senza pensieri, alla fame di quando non chiedevano niente, alla fame di quando giocavano a scalone, quando dormivano, quando si svegliavano muovendo la pelle flaccida delle guance, alla fame di quando avevano fatto la prima comunione, di quando pioveva o c’era il sole o andavano a ritirare il pacco poveri e i buoni della San Vincenzo…».

Tante sono le diversità tra i bambini degli anni ’50 e di oggi: nell’educazione, nell’istruzione, nei giochi, come anche nella povertà.
Nell’epoca di Parise la povertà era molto diffusa e la maggior parte dei bambini era povera, costretti spesso a rubare dalle borsette delle signore per riuscire a procurarsi un pezzo di pane.
Anche a Vicenza, dove è ambientato il romanzo, la vita per i bambini era difficile, non come oggi che vengono viziati dai genitori, accontentati in tutto quello che desiderano.
In quegli anni nulla era scontato, i bambini si vestivano con i pochi indumenti che avevano, e vederli vestiti eleganti o comunque con dignità era molto difficile.
Un esempio in questo libro è il protagonista, ragazzo povero, che viene istruito da Don Gastone e dalla signorina Immacolata per raccontare e recitare poesie alle signore cattoliche, quindi era sempre ben vestito e tutto in ordine per fare bella figura, e per questo Cena e la naia spesso invidiavano i privilegi di Sergio.
Forse però in quel periodo i bambini poveri soffrivano meno la loro condizione di vita, proprio perché la povertà era molto diffusa: pochi erano i ricchi che i tanti poveri invidiavano…
Certamente c’è molta differenza tra la povertà dei paesi del terzo mondo e quella dei paesi sviluppati. Oggi le condizioni e lo stile di vita sono molto migliorati nei paesi sviluppati, rendendo più evidente la differenza tra bambino povero e bambino ricco.
Nei paesi sviluppati si intende povero colui che non può avere tanti lussi e privilegi, più che non avere da mangiare e da vestire: i bambini poveri sono quelli che non hanno i videogiochi, non possono permettersi una pizza, non vanno in ferie … Purtroppo però sono ancora molte le persone nei paesi sottosviluppati che non possono permettersi nemmeno di mangiare, e questa è una situazione molto triste e toccante, perché in nessuna parte del mondo si dovrebbe morire di fame!

  B. R.

lunedì 4 aprile 2011

IL FRUTTO PROIBITO




Queste erano frasi che […] pronunciavano dopo una o due parole di prammatica su argomenti vari, e io non riuscivo a capire cos’ erano tutti quei complimenti fatti a se stesse e poi, immediatamente dopo, un’ infinità di domande, con obbligatoria descrizione di particolari, su don Gastone.


Don Gastone è un prete bello, alto, giovane, gentile, intelligente e generoso, conteso da molte zitelle che in tutti i modi cercano di amiccarselo e conquistarlo. Perché tutto questo interesse, oltre al fatto che è molto bello? Secondo me il motivo può essere spiegato dal fatto che ciò che è proibito e impossibile avere attira maggiormente. Succede a tutti di essere attratti da qualcosa che non è permesso toccare, vedere o conoscere e la reazione che nasce in noi è di scoprire e sapere di cosa si tratta e quindi si è disposti anche a trasgredire le regole. Nel caso del libro “Il prete bello” il frutto proibito è ovviamente il don che, proprio per questo motivo, non può avere relazioni con nessuna delle zitelle.
La situazione è buffa perché le signore di oltre quarant’ anni senza marito perdono la testa per lui a causa di un suo sguardo o di un gesto, che esse interpretano come l’ approvazione di tutte quelle fantasie e pensieri che si erano create riguardo il proprio carattere o la propria bellezza. Tutto ciò le rende di conseguenza ancora più competitive e gelose una dell’ altra.

Cosa ne pensate di questa situazione dove il prete, forse, se ne approfitta per arrivare ai suoi interessi e ottenere ciò che gli serve, sfruttando la competizione tra quelle povere zitelle perse per lui?

M.F.

Gli anni 30 tra invenzioni ed innovazioni della musica

                                                        
        



[…In quei tempi, in cui non si udivano altro che inni – la guerra non c’era perché tutti dovevano avere paura degli italiani –, in cui la bandiera aveva due stemmi e Tito Schipa cantava la più bella canzone del mondo, vivere senza malinconia, don Gastone Caoduro, fiore di serra, spuntò, crebbe e si abbellì in quel cortile in mezzo a noi, simile a un’orchidea in un cumulo di spazzatura.]


Era il 1937 quando Tito Schipa, tenore e attore italiano, cantava “vivere senza malinconia”, brano narrante la profonda volontà di trascorrere un’esistenza piena e felice di un uomo, nonostante la propria donna se ne sia andata.
Se parliamo di musica, gli anni 30 furono molto produttivi, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo: basti pensare che in questo periodo furono aperti, più precisamente nel 1931, i grandiosi Abbey Road Studios di Londra, resi famosi da grandi artisti quali ad esempio i Beatles, e furono persino inventati la chitarra elettrica e l’organo Hammond, organo elettrico ampiamente utilizzato in molteplici generi musicali. In questo decennio videro inoltre la luce opere grandiose come Porgy and Bess di George Gershwin, (che purtroppo ci lasciò prematuramente nel 1937 all’età di 39 anni), da cui è tratto il famoso e bellissimo brano “Summertime”. Gli anni 30, in sintesi, sono stati periodo di grandi invenzioni ed innovazione  per l’intero universo musicale, con opere che perdurano ancora oggi e che hanno gettato le basi, se così si può dire, alla formazione di tanti grandi musicisti venuti in seguito.
Credo che questo post si possa definire un elogio alla musica di quel tempo, indirizzato a tutti gli appassionati di questo grandioso mezzo di espressione qual è l’arte, e in particolare la musica.



                                                                                              G. P.

sabato 2 aprile 2011

Perchè rubare una caramella ad un bambino?

 "Ci avvicinammo restando però a qualche metro di distanza. "Cena ladro!"cominciò. Cena era sparito. Silenzio. "Cena, senti, non ricaverai niente da quel cappello, o molto poco. E' roba scadente" mentì. Cena non rispondeva; speculava sulla soddisfazione e se me stava rintanato chissà dove..."

E' capitato a tutti di riscontrare quella voglia di "prendere" quello che non è proprio ad esempio dalla casa di un amico o da un centro commerciale. La cleptomania (= voglia di rubare) ci ha perseguitati fin da piccoli e non c'è proprio niente che possa farla scomparire!

Ovviamente non è che la gente vada in giro a rubare quello che gli pare. Noi ci controlliamo, ed anche quando c'è quella voglia di rubare cerchiamo di sorpassarla e di andare avanti ignorandola. Le persone cleptomane hanno imparato con il tempo a controllare questo difetto della loro personalità, però c'è chi riesce a controllarla benissimo e chi meno.

Da piccoli, alle scuole materne, una delle semplici regole era: "Non rubare". Perché le nostre maestre ci insegnavano questa regola? Non solo per impedire che rubassimo i disegni o le matite colorate al compagno, ma soprattutto per cominciare a sviluppare il nostro controllo sulla nostra cleptomania perché è sempre da piccoli che si sente maggiormente questa voglia di impossessarsi di qualcosa degli altri. Quante volte abbiamo visto nei film ragazzi dai 5 anni ai 15 rubare soldi, dolci, caramelle, cioccolata, giochi e molte altre cose?!  Se riusciamo già a controllare questa esigenza fin da piccoli, da adulti è molto meno probabile riscontrarla.

Rubare non è la cosa che danneggia moralmente una persona, secondo me è più grave il fatto di non riuscire a controllarsi dopo aver rubato. Possiamo trovare la cleptomania solo in alcune persone, ma tutti noi possiamo rubare.

Anche io, lo ammetto, da bambino ho rubato delle cose (piccole) e ammetto che mi ha fatto provare un’emozione, un piacere. Per quelli che hanno rubato almeno una cosina nella loro vita, avete provato anche voi questa sensazione? e cosa pensate della Cleptomania?
A voi la parola!

T.G. 1 es