lunedì 30 maggio 2011

RIFORMATORI: GABBIE O POSSIBILITA' DI RISCATTO?

“…Finalmente ebbi notizie di Cena: era sempre a Venezia. La vita in riformatorio non era più così semplice come nei primi giorni. Erano più le settimane che lo chiudevano in cella che quelle in cui stava in cortile come gli altri ragazzi […] Il riformatorio era un vecchio ed enorme edificio a due piani costruito con grossi blocchi di pietra. La facciata dava direttamente sull’acqua e con la gondola imboccammo una specie di volta scura in cui il mare entrava stipando verso il fondo una marea di rifiuti. Traversammo un cortile interno nel quale guardavano alte finestre protette da sbarre e reti metalliche…”

Il Riformatorio giudiziario era riservato ai ragazzi colpevoli di reato ma non imputabili perché minori di 14 anni e perciò sottoposti a misura di sicurezza. La finalità principale del trattamento di rieducazione attuato negli istituti era suscitare nei ragazzi il senso della responsabilità di quanto commesso e la consapevolezza dei propri doveri verso la società. La scuola, il lavoro e l'istruzione religiosa erano considerati i metodi rieducativi più idonei per lo sviluppo della loro personalità fisica, psichica e morale. Avevano una grande importanza le attività ricreative che prevedevano il coinvolgimento dei ragazzi in eventi giocosi e sportivi. Nel processo rieducativo era parte integrante anche la pulizia personale, la nutrizione e il riposo. La religione era considerata uno dei più importanti mezzi di educazione morale e ogni istituto disponeva di una cappella per la celebrazione della messa e delle altre funzioni. Alla sera, prima di andare a letto e a volte anche a mensa, i ragazzi recitavano preghiere. L'istruzione scolastica aveva lo scopo di rendere il ragazzo consapevole dell'errore commesso. Molti rinchiusi erano analfabeti o semianalfabeti e per loro l'istruzione elementare era obbligatoria. Il lavoro era riconosciuto come mezzo rieducativo di primaria importanza e tutti gli allievi che non frequentavano la scuola dovevano parteciparvi. Era distinto in lavoro agricolo o lavoro industriale. L'addestramento dei minorenni veniva suddiviso in corsi che comprendevano: corsi per fabbri meccanici, corsi per falegnami, corsi per calzolai, corsi per intagliatori in legno, corsi per sarti e corsi di agraria. Nelle case di rieducazione femminili l'istruzione professionale era rivolta essenzialmente all'insegnamento dei lavori "da donna", sartoria, ricamo, cucito, stireria, maglieria. Oggi i riformatori non esistono più ma ci sono 19 Istituti di pena per minori frequentati sia da italiani che da stranieri. Per gli stranieri “la detenzione rimane ancora lo strumento privilegiato di controllo e di sanzione”, mentre gli italiani riescono a evitare la prigione grazie a prescrizioni, permanenza in casa o in comunità. In conclusione penso che non dovrebbero esistere strutture chiuse per i giovani e bisognerebbe trovare sempre e comunque alternative alla prigione, qualsiasi reato abbiano commesso.

Voi cosa ne pensate?         

C. A.                            

venerdì 27 maggio 2011

La castità dei preti, scelta possibile o contro natura?!

Dicevano che Don Gastone era ammalato, che bisognava curarlo, e che, tutto sommato, era da amare ancor di più per quella sua grande ed invisibile disgrazia, perché forse, proprio per questo ne aveva bisogno, di amore. Una disgrazia atroce, meglio gobbi piuttosto! Lui invece era bello, dritto, anche troppo, e il destino beffardo aveva segnato quel corpo di una così amara mancanza. 
"No, no, altro che amarlo, non è mica colpa nostra! Bella castità! Bella bravura! Son buoni tutti! Non soffre le pene e le tentazioni di Sant'Antonio, lui!" disse Camilla con la sua consueta cattiveria.



Su questo argomento si potrebbero scrivere pagine e pagine ma realmente la castità dei preti è una scelta possibile o contro natura?! A riguardo ci sono molti pareri discordi. C'è chi ritiene la castità sia una scelta possibile e quindi la approva, credendo che i sacerdoti debbano dedicarsi solo ed esclusivamente al bene della Chiesa e della comunità, senza poter avere una vita familiare e/o sessuale. Altri, invece, trovano che la castità sia contro natura e, di conseguenza, sarebbero a favore dei matrimoni e dei rapporti sessuali anche per i preti; essi, infatti, si basano sul paragone con i pastori protestanti e confermano la loro idea dicendo che la religione protestante "funziona" benissimo, anche se i cosiddetti pastori sono sposati o hanno una vita sentimentale. Dunque, secondo questi ultimi, pure i sacerdoti cattolici dovrebbero godere del diritto di avere una vita privata al di fuori di quella religiosa.
Ma cosa porta un normale laico a decidere fra fede e istinto umano?! Beh sicuramente coloro che ricevono la vocazione scelgono la strada della fede, offrendosi totalmente a Dio; nemmeno per questi ultimi, però, deve essere facile seguire in maniera ligia la castità ma, anche se difficile, ritengo che, per loro, sia una scelta possibile, se ci credono davvero! Penso, infatti, che essi riescano a controllare le loro tentazioni e i loro istinti perché talmente devoti alla loro fede da non volerla tradire. 
Per quei preti, invece, che decidono di seguire la strada del sacerdozio senza sentirsi chiamati da Dio, la castità è, a mio parere, sicuramente una scelta più difficile e contro natura rispetto alla castità che sono tenuti a seguire i "veri" sacerdoti.
E voi cosa ne pensate? La castità è una scelta possibile o contro natura?
A voi la risposta!

A. B.

mercoledì 25 maggio 2011

EHI CIAO, SONO QUELLO NUOVO!

“Venne ad abitare da noi Fedora , la nipote della vedova del fotografo.
La primavera era rigogliosa, e anche Fedora lo era. Aveva ventidue anni, a sedici era uscita dal convento delle Addolorate per andare a servizio. Era primavera, le mantelline e le calze di lana e gli zoccoli erano stati buttati via e Fedora girava in abiti estivi perché aveva sempre caldo.
In tutto il rione non c’era persona che non la invidiasse o dicesse male di lei. E Cena diceva che se tutta l’invidia si fosse tramutata in scabbia il rione non avrebbe dovuto far altro che grattarsi durante il giorno.”



Avete mai provato l’emozione d’essere i “nuovi arrivati” in città? O in una classe, in un quartiere,..
Di sicuro la prima cosa che avrete notato è che tutti non facevano altro che parlare di voi, spettegolare, dare giudizi basandosi solo sull'apparenza, di mettere in giro voci false sul vostro conto e di escludervi dal gruppo.
Tipico atteggiamento nei confronti delle persone che arrivano in un posto nuovo a causa di un trasloco, o di un nuovo lavoro..
Persone che hanno bisogno di tutto fuorché pettegolezzi e altri problemi.
Un “nuovo arrivato” ha bisogno d’aiuto per ambientarsi, di sorrisi gentili e cordiali che lo facciano sentire a casa e di persone che lo accettino così com’è, anche se può essere diverso da noi.
Immaginate la scena: -una classe di studenti, tutti che si conoscono da tanto tempo e tutti amici, quando un giorno arriva un ragazzo nuovo, di un altro paese o di un’altra città. Gli insegnanti lo inseriscono nella classe sperando che i compagni l’aiutino ad ambientarsi, e invece no. La tipica cosa che si tende a fare con i nuovi compagni è escluderli, isolarli, lasciarli da parte, fargli capire che non sono benaccetti.-
Questo non capita sempre e non tutte le persone si comportano alla stessa maniera, ma è risaputo che la vita del “nuovo arrivato” non sia molto facile.
Allora scatta un istinto di autodifesa che fa in modo che le “vittime” dei pettegolezzi cambino completamente il loro aspetto, il loro carattere e il loro modo di essere solo per piacere agli altri.
Ovviamente una persona bella, beneducata e che si veste bene lascia un’impressione migliore sugli altri.
Nel caso del libro “il prete bello” l’arrivo di Fedora non è ben visto da tutti..Fedora era una ragazza giovane e bella, che tutti volevano conoscere e avere come amica. Tutti tranne le “signorine”, invidiose della sua bellezza e dei suoi rapporti con le altre persone, e soprattutto con don Gastone.
Secondo voi è giusto che una persona debba cambiare sé stessa per piacere agli altri e venire accettata? È giusto che la nostra società sia ricoperta di pregiudizi e  apparenze?

S. S.1E



domenica 22 maggio 2011

BOTANICA:MAGIA O MEDICINA?!


 
La Botanica era una signorina di circa quarant’anni, dall’aspetto consunto ma ancora sostenuto…era tutta apparenza naturalmente perché anche lei,come gli altri,viveva in una stanzetta a piano terreno infestata dagli scarafaggi e stillante umidità come una grotta.”

Uno dei personaggi descritti da Parise è la Botanica. A dire il vero, sembrerà un po’ strano questo nome abbastanza inusuale: infatti è il soprannome di questa signora, un po’ maga e un po’ erborista. Il soprannome deriva dalla grande quantità di piante officinali che la Botanica conserva in casa e che trasforma in una serra dove abitualmente c’è una temperatura elevata a causa del calore delle piante. Anch’essa, come Camilla, era una zitella, che abitava nel caseggiato dove si svolge la storia. All’epoca del libro, vale a dire gli anni trenta, la botanica più che una scienza era un’arte. Infatti questa signora raccoglieva piante per combattere e curare alcune malattie. A quei tempi i medicinali erano molto costosi e solo le persone più agiate potevano permetterseli, quindi gli abitanti meno ricchi richiedevano le cure di queste maghe, erboriste che, con le loro piante dai poteri curativi, guarivano i lori pazienti. Si può dire che queste signore fossero come “medici a basso costo”.Gli effetti delle piante però non erano garantiti perché potevano alleviare temporaneamente i dolori della malattia, ma in molti casi non si combatteva del tutto la malattia.Una cosa che giocava a sfavore di questo mestiere era la carenza di piante curative. Infatti non era possibile trovare in natura ogni pianta per ogni male; per cui alcune malattie, senza le giuste medicine, erano incurabili con le erbe. Voi vi fareste curare da una maga erborista o pensate che sia un mestiere strano e pericoloso??A voi la risposta.
                                                                                                          
R. E.

mercoledì 18 maggio 2011

Lui non è mio padre!

“Già da qualche tempo la mamma aveva il fidanzato ma io non avevo visto né immaginato niente. Nessun dubbio del genere mi sfiorava la mente quando la vedevo, in quelle sere, farsi bella e uscire furtivamente. Il  nonno non diceva niente, il viso della nonna si illuminava di speranza, toglieva i piatti di mano alla mamma e la mandava a vestirsi e a mettersi il rossetto.”




Ognuno di noi, almeno credo, si augura di non dover mai essere costretto a sopportare il tanto odiato, e forse invidiato, fidanzato di mamma! Potremmo quindi dire che il fidanzato di mamma è una sorta di antagonista delle storia, colui che intralcia il caratteristico “E vissero per sempre felici e contenti” delle fiabe disney.
Ma da dove proviene realmente tutto questo odio e tutta questo disprezzo nei confronti di quest’uomo?! È forse gelosia? Paura di non avere più una madre totalmente per se? O è forse perché da un giorno all’altro ci si vede piombare in casa, all’ora di pranzo o cena, un perfetto sconosciuto, con la classica faccia che sembra voler dire «Sparisci il più in fretta possibile perché non posso sopportare i ragazzini»? O per il semplice fatto che è un enorme ostacolo per una possibile riconciliazione tra mamma e papà, e il raggiungimento della tanto sperata felicità?
Alcuni, i più sensibili soprattutto, ma non solo, vivono questa situazione come una vera e propria catastrofe. Altri, i più piccini, imparano a conviverci, anche se spesso non riescono ad accettarlo fino in fondo. Altri ancora, lo disprezzano sin dal principio. D’altra parte, in nessuno di questi casi, il fidanzato è il padre.
Fortunatamente non mi sono mai trovata in una situazione di questo genere, ma se per qualche strano motivo (che non voglio nemmeno immaginare) dovessi trovarmici, so per certo che mia madre e il suo “amichetto”, mi vedrebbero a colazione, pranzo e cena, il resto della giornata lo passerei in qualsiasi altro posto pur di non dover sopportare e vedere quest’estraneo.
Io la vedo (e la vivrei) così. E voi, che ne pensate? Riuscireste a convivere con questa persona??

L.M.