“…Finalmente ebbi notizie di Cena: era sempre a Venezia. La vita in riformatorio non era più così semplice come nei primi giorni. Erano più le settimane che lo chiudevano in cella che quelle in cui stava in cortile come gli altri ragazzi […] Il riformatorio era un vecchio ed enorme edificio a due piani costruito con grossi blocchi di pietra. La facciata dava direttamente sull’acqua e con la gondola imboccammo una specie di volta scura in cui il mare entrava stipando verso il fondo una marea di rifiuti. Traversammo un cortile interno nel quale guardavano alte finestre protette da sbarre e reti metalliche…”
Il Riformatorio giudiziario era riservato ai ragazzi colpevoli di reato ma non imputabili perché minori di 14 anni e perciò sottoposti a misura di sicurezza. La finalità principale del trattamento di rieducazione attuato negli istituti era suscitare nei ragazzi il senso della responsabilità di quanto commesso e la consapevolezza dei propri doveri verso la società. La scuola, il lavoro e l'istruzione religiosa erano considerati i metodi rieducativi più idonei per lo sviluppo della loro personalità fisica, psichica e morale. Avevano una grande importanza le attività ricreative che prevedevano il coinvolgimento dei ragazzi in eventi giocosi e sportivi. Nel processo rieducativo era parte integrante anche la pulizia personale, la nutrizione e il riposo. La religione era considerata uno dei più importanti mezzi di educazione morale e ogni istituto disponeva di una cappella per la celebrazione della messa e delle altre funzioni. Alla sera, prima di andare a letto e a volte anche a mensa, i ragazzi recitavano preghiere. L'istruzione scolastica aveva lo scopo di rendere il ragazzo consapevole dell'errore commesso. Molti rinchiusi erano analfabeti o semianalfabeti e per loro l'istruzione elementare era obbligatoria. Il lavoro era riconosciuto come mezzo rieducativo di primaria importanza e tutti gli allievi che non frequentavano la scuola dovevano parteciparvi. Era distinto in lavoro agricolo o lavoro industriale. L'addestramento dei minorenni veniva suddiviso in corsi che comprendevano: corsi per fabbri meccanici, corsi per falegnami, corsi per calzolai, corsi per intagliatori in legno, corsi per sarti e corsi di agraria. Nelle case di rieducazione femminili l'istruzione professionale era rivolta essenzialmente all'insegnamento dei lavori "da donna", sartoria, ricamo, cucito, stireria, maglieria. Oggi i riformatori non esistono più ma ci sono 19 Istituti di pena per minori frequentati sia da italiani che da stranieri. Per gli stranieri “la detenzione rimane ancora lo strumento privilegiato di controllo e di sanzione”, mentre gli italiani riescono a evitare la prigione grazie a prescrizioni, permanenza in casa o in comunità. In conclusione penso che non dovrebbero esistere strutture chiuse per i giovani e bisognerebbe trovare sempre e comunque alternative alla prigione, qualsiasi reato abbiano commesso.
Voi cosa ne pensate?
C. A.
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